La grande guerra
Ripercorriamo insieme a Paolo Nosadini le vicende della prima guerra mondiale, di come colpì anche il comune di Cassola e di come sia ancora nella memoria:
"In occasione della ricorrenza dei cento anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, che avrà luogo nel 2015, anche il Comune di Cassola desidera partecipare all'evento, unitamente ai tanti Comuni della zona, che hanno sofferto la tragedia e gli orrori del Primo Conflitto.
Ricordare questi avvenimenti che sconvolsero il nostro territorio è un dovere morale e civile.
La pace che oggi noi viviamo, è anche il frutto delle vicende belliche, che hanno visto Cassola e la vicina frazione di San Zeno protagoniste di tante sofferenze, umane e sociali e per questo “non dobbiamo dimenticare”.
La Prima Guerra, come tutte le guerre, ha portato miseria, lutti, danni, emigrazione forzata, situazioni che nessuno ha voluto, ne desiderato. La storia però ci insegna che gli Italiani, già con le precedenti Guerre d’Indipendenza, hanno voluto strenuamente difendere i confini della loro Patria, la loro Nazione, la loro identità da quanti hanno voluto sopraffare, opprimere i sentimenti di libertà, travolgere le nostre tradizioni, le nostre consuetudini, le nostre usanze, le nostre memorie. Sotto un’unica bandiera i nostri soldati e i civili hanno lottato per una giusta causa e tanti, tanti sono morti.
Ho pensato di pubblicare alcuni stralci di momenti salienti del vissuto della Prima Guerra, traendo spunto dai libri cronistorici (cronistoria) o diari, scritti dai parroci delle parrocchie di Cassola e San Zeno durante la loro attività spirituale in entrambe le parrocchie e conservati gelosamente negli entrambi archivi parrocchiali. Fonti inedite e per la prima volta trascritte, ci danno un particolare spaccato della situazione, racconti di una situazione drammatica vissuta dalle intere popolazioni.
Cassola in primis ha pagato il suo prezzo: decine e decine di soldati caduti sul fronte, centinaia gli sfollati, feriti, danni alle abitazioni, povertà e in piccola parte anche l’emigrazione verso paesi lontani. Il paese veniva a trovarsi con un consistente numero di soldati, molti dei quali sarebbero partiti per i diversi fronti di guerra, altri ne stavano giungendo in gravi condizioni fisiche. La stazione ferroviaria, costruita nel 1910 e dove, in quel periodo, transitano un gran numero di treni che trasportavano i commilitoni, venne elevata al rango di prima classe, diventando al contempo anche capolinea ferroviaria.
Questo continuo via vai di soldati ci viene confermato anche dalle note del parroco di Cassola nel suo libro cronistorico conservato presso l’Archivio parrocchiale.
“Anno 1915. Nonostante la critica stagione, dati gli urgenti lavori di campagna, molti i richiamati sotto le armi per l’imminente guerra. (…) il 4 giugno moriva in causa della guerra nell’ospedale militare di Tai, nel Cadore, certo Marin Antonio di Priamo e, nel giorno 17 agosto in sul Carso, colpito dal piombo nemico, cadeva il bersagliere Zanchetta Giovanni detto Poato. Tutti due appartenevano al Circolo Cattolico. (…) Anno 1918.
Il paese di Cassola, dopo la ritirata di Caporetto (24 ottobre 1917) fu quasi sempre pieno di soldati. La stazione di Cassola fu elevata a stazione di I^ classe e per parecchio tempo il treno si fermava in Cassola senza più avanzarvi, causa che Bassano era preso di mira dai cannoni nemici e quasi giornalmente cadevano delle granate e bombe, gettate dalle continue escursioni di aeroplani. Più centinaia di granate pure arrivarono anche nella frazione di San Zeno del comune di Cassola, senza però far vittime umane. Purtroppo anche in quest’anno morirono dei giovani in guerra fra i quali Cocco Marco in Francia, Marin Giovanni, Sonda Pietro di Giovanni, Marchesan Antonio, Baiocco Silvio, Favero Luigi e Lorenzato Giuseppe.
La sala cattolica fu, per quasi tutto l’anno sino al 23 dicembre, adibita ad uso Ospedaletto da Campo n. 308. (…)”. “Anno 1920. Il giorno 18 aprile dietro Delegazione della Superiore Autorità benedissi la prima pietra del Monumento eretto ai nostri cari e buoni figlioli caduti, come teneri fiori, sull’Ara della patria, per la grandezza della medesima. Il giorno 9 maggio coll’intervento delle autorità civili e militari, dopo la Messa solenne da me celebrata per i caduti, ed esequie al tumulo, precedute da un discorso tenuto da me Parroco, fu scoperto, al suono della marcia reale, lo splendido monumento. Il discorso ufficiale fu tenuto dall’On. Curti Francesco, deputato Popolare al Parlamento di Roma (…). Anno 1921.
Il primo settembre 1920 furono scavate le nuove fondamenta della cappella votiva che sorge sul termine del viale di fronte alla chiesa. Questa splendida monumentale Cappella venne costruita a ricordo perenne, non tanto dei prodi soldati di Cassola che immolarono la loro balda esistenza in sull’altare della patria e di quelli che incolumi ritornarono ai patri cari, quanto anche perché Cassola fu sottratta dalla dura necessità di andare profuga in estranei luoghi come toccò a tanti paesi da qui poco discosti.
Le due lapidi posta, uno sotto la mensa dell’altare, l’altra situata a parte est della cappella, furono dettate dall’Ill.mo e Rev.mo Mons. Brotto figlio illustre di questa terra, canonico della Cattedrale di Padova ed emerito prof. del Seminario del Barbarico.
Questa insigne cappella, che è una vero capolavoro, fui innalzata col concorso di tutta la parrocchia e l’ideatore di questo monumento il M. R. Don Giovanni Alessi mio cappellano (…). Cassola non ricorda di aver mai veduto un si magnifico spettacolo di fede, né si grande affluenza di popolo”.
Il parroco di San Zeno annota nel suo diario cronistorico i momenti tristi trascorsi in queste zone durante il 1915-18. Li racconta con dovizia di particolari, ma anche con l’ansia, la paura, la gioia, sapendo che con l’aiuto di Dio e la preghiera tutto, prima o poi, si sarebbe risolto e anche la guerra sarebbe terminata.
Don Rigoni fu qui il 1° febbraio 1915 in obbedienza al suo vescovo. Certo il soggiorno a san Zeno era poco igienico quando si pensi che era continuamente battuto dall’artiglierie nemiche dalla Val bella ne tempestavano la campagna e così dall’Asolone. C’era forti depositi di munizioni al capitello dei 4 Cantoni e alla contrada Bisinella dove occupavano un ettaro di terreno.
Erano questi depositi che cercava il nemico, ma grazie a Dio pur avendo colpito vicino ad essi nessuno mai esplose. In San Zeno ordinariamente c’erano 15 mila soldati così divisi: una divisione di fanteria, una compagnia di bombardieri antiaerei, il IV autoreparto e vari raggruppamenti di alpini che prendevano alloggio al Baroncello.
Il Comando dell’autoreparto era nelle scuole comunali. Per qualche tempo e cioè prima di recarsi in Francia fu qui la Brigata Alpina Peppino e Menotti Garibaldi. 31 ottobre 1918: Giorno memorando per San Zeno, al mattino il telefono del Comando dava che le nostre truppe del Grappa avevano travolte le trincee nemiche e che l’esercito avversario era in ritirata. A questa notizia Rigoni don Andrea scrisse al generale comandante il VI Corpo d’Armata in questi termini Illustriss. Signor Comandante formo la presente per chiederLe autorizzazione di far suonare le campane della nostra torre di san Zeno domani festa di tutti i Santi e per salutare la vittoria dell’armi italiana sul Grappa. Sarà inno di risurrezione e di vita per queste terre martoriate dalla guerra e io desidero aver l’onore di essere il primo a farle squillare. Lo merita questa popolazione che seppe anche in questi momenti difficili mantenersi serena sotto il grandinar delle mitraglia sicura dell’immancabile riscossa.
A questa lettera fatta pervenire da un motociclista del Comando locale e spedita d’intesa col capitano Plenario dott. Antonio di Ferrara comandante il IV autoreparto con alloggio in canonica, pervenne la seguente risposta che trascrivo: 31 ottobre 1918, Egregio parroco di San Zeno, S. Ecc. il Comandante del 6° Corpo d’Armata autorizza il suono delle campane allo scopo religioso a patriottico per cui detto suono viene richiesto. In possesso di questa il Comando provvide le corde, liberò i prigionieri (il campanile serviva di prigione) e furono suonate le campane fra la commozione dei soldati, del popolo.
Mezz’ora dopo tutte le campane dall’Astico al Brenta e dal Brenta al Piave suonavano alla Vittoria. San Zeno ebbe l’onore primo fra i paesi in pena. In seguito al disastro di Caporetto, 24 ottobre 1917, gli Austriaci giungevano a toccare in pochi giorni la sponda orientale del Piave e s’accostavano al Grappa, ultimo baluardo della difesa del Veneto. Il paese di San Zeno di Bassano, che dista da detto monte, in linea d’aria, poco più di 10 Km., ebbe tosto l’ordine dell’Autorità Militare di tenersi pronto per lo sgombero, sia per esigenze strategiche, sia per timore dell’invasione. Passarono giorni d’angoscia indicibile per tutta questa popolazione, la quale nella sorte dei miseri fuggiaschi che scendono a frotte dalle valli di Brenta e di Piave, sprovvisti di tutto, in affannosa ricerca di tetto e di pane, intravedeva il destino che ad essa pure incombeva di ora in ora.
Vedendo inutili le speranze umane, tutto il popolo, in uno slancio ammirabile di fede, si rivolse a Dio. Fu così che i tre capi Contrada di San Zeno passarono per le case di tutte le famiglie le quali si impegnarono, con uno scritto, ad elargire tutte una somma di denaro per erigere un Altare dedicato al S. Cuore di Gesù. La notte tra il 23 e il 24 marzo 1918 le campagne della Parrocchia di San Zeno furono tempestate di granate, ne arrivarono circa 150 di medio e grosso calibro Scriveva il parroco che nella popolazione mai si vide scossa la fede, né mai la si vide in preda a quel terrore e sconcertamento.
Il racconto delle tragici fatti prosegue: Il 6 giugno 1918 una grossa granata colpì in pieno una casa in una grossa borgata, sfondò il tetto e attraversò una camera, dove una mamma, che stava allattando un piccolo, rimase incolume. Numerosi bambini che stavano nel sottostante cortile, rimasero illesi, mentre parecchie schegge colpirono soldati e muli che si trovavano lì presso. La sera del 13 luglio, prosegue ancora il racconto cronistorico, furono lanciate oltre 200 granate (austriache) di grosso calibro tendenti, scriveva il parroco don Andrea Rigoni, a colpire le nostre artiglierie, che scese dall’Altipiano di Asiago, passando per S. Zeno, accorrevano al Piave. E ancora: L’ultimo giorno di trepidazione fu il 31 ottobre. I nemici, con estremo accanimento batterono il paese dalla Val Bella, ma furono colpite solo due case, senza far vittime.
L’armistizio, siglato presso Villa Giusti a Padova tra l’Impero austro-ungarico e l’Italia il 3 novembre 1918, fu salutato, dalla popolazione di San Zeno con commosso entusiasmo."
Paolo Nosadini